Classe 1991 ma già una ricca carriera alle spalle. Alessandro Messineo a soli 25 anni è un imprenditore affermato e uno dei più giovani volontari d’impresa JA. In queste settimane sta affiancando come mentor un team di studenti-imprenditori dell’ITCG Enrico Fermi di Pontedera (Pisa) che ha creato una propria startup nell’ambito del programma “Impresa in azione”, la stessa scuola nella quale si è diplomato 7 anni fa.

«Ho conosciuto Junior Achievement e il programma “Impresa in azione” quasi per caso» racconta. «Tramite la mia attività imprenditoriale sono entrato in contatto con Talent Garden Pisa dove mi hanno parlato di questo progetto che mi ha entusiasmato fin dall’inizio e per questo ho deciso di partecipare come “esperto d’azienda”, non solo per trasferire negli studenti quello che ho imparato in questi anni di lavoro ma per apprendere io stesso».

Sappiamo che sei stato studente del Fermi di Pontedera. Che effetto fa tornare nella tua scuola, questa volta in un’altra veste?

«È stata una sorpresa, quando mi sono proposto per quest’avventura non sapevo che avrei affiancato una classe del Fermi. Da studente purtroppo non ho potuto partecipare a questa iniziativa perché all’epoca era coinvolto solo l’altro corso di studi. Tornare dopo qualche anno tra quelle mura e in quelle aule dove io stesso ho studiato è una bella emozione. Restituire alla mia scuola parte dell’esperienza che ho maturato in questi anni è una doppia soddisfazione! Una sorta di give-back tra ciò che la scuola ha dato a me negli anni di studio e quello che io adesso posso trasferire negli studenti nei quali mi rivedo molto».

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Parlaci un po’ di te…

«Dopo il diploma al Fermi mi sono iscritto alla Facoltà di Ingegneria Informatica dell’Università di Pisa ma ho capito fin da subito che volevo “sporcarmi le mani” cimentandomi nel lavoro. Per questo motivo sono entrato, inizialmente come contabile, in un’azienda che si occupa di trasmettere in TV informazioni grafiche in tempo reale da fonti diverse, ad esempio i tweet relativi a un programma televisivo o gli exit poll delle elezioni. In poco tempo le mie responsabilità sono aumentate e sono diventato Business Developer per l’azienda. Questo mi ha dato modo di viaggiare in tutto il mondo e fare molta esperienza, mettendo in pratica quello che man mano imparavo. In pochi anni ho capito che volevo qualcosa di più. Qualcosa di mio. E quindi, quasi per gioco, con degli amici abbiamo realizzato un software che abbiamo presentato a Telecom Italia. L’idea è piaciuta, hanno investito in noi finanziandoci e concedendoci spazio nell’acceleratore per imprese innovative a Bologna. Da un anno è nato Wallin.tv la startup di cui sono co-fondatore, un sistema di customer engagement per le attività commerciali che si basa sulla visualizzazione di contenuti multimediali su TV e schermi digitali provenienti dal web e dai social network.».

Una bella esperienza da condividere con ragazzi quasi coetanei!

«È un arricchimento reciproco. Per gli studenti confrontarsi con chi sta portando avanti un progetto di startup reale è sicuramente interessante perché hanno a disposizione diversi esempi concreti dai quali prendere spunto. Ma anche noi “esperti” abbiamo qualcosa (anzi molto!) da imparare! Nonostante la poca differenza di età invidio loro la spontaneità e la naturalezza con la quale riescono a trovare soluzioni ai problemi. Come nel libro “Sei cappelli per pensare” di Edward De Bono, quando indossi quello dell’imprenditore hai molti pensieri per la testa e delle volte è difficile trovare soluzioni con facilità. Ecco, i ragazzi mi stanno insegnando a indossare il “cappello della spensieratezza”, una dote che forse si perde troppo presto ma ti permette di essere più creativo e aperto a nuove e stimolanti soluzioni a situazioni di impasse».

Cosa consigli a un giovane che ha voglia di mettersi in gioco come hai fatto tu?

«Viviamo in un’epoca straordinariamente importante. Non capita a tutte le generazione di avere la possibilità di creare tecnologie e strumenti che useranno i nostri figli in futuro. Abbiamo la conoscenza dalla nostra parte e se a questa aggiungiamo la passione e un po’ di propensione al rischio il risultato è assicurato. Quello che posso consigliare è di credere nelle proprie passioni e fare di tutto perché queste diventino il proprio lavoro. Il mercato oggi è molto dinamico, c’è posto per tutti! Anche a livello di startup l’ecosistema è fertile e anche l’Italia può fare una grande parte nello scrivere il futuro dell’innovazione».

E per chi fallisce?

«Il fallimento visto negativamente è un concetto tutto italiano. All’estero fallire non è una debolezza ma anzi, al contrario, significa che ci hai provato, hai sbagliato e quindi non ripeterai più quegli errori. Gli investitori vedono di buon occhio chi fallisce, perché ha meno probabilità di farlo di nuovo. Pensate ad Airbnb, dopo un anno dal lancio rischiava di chiudere a causa di un problema prettamente estetico relativo alle foto presenti sul sito. Oggi è leader mondiale e ha rivoluzionato il suo mercato di riferimento».

Ultima domanda e poi ti lasciamo alla call che hai con il team di studenti-imprenditori che stai seguendo. Ritieni che questo tipo di esperienze siano importanti per gli studenti?

«Assolutamente sì. La scuola, come l’università, ha estremo bisogno di iniziative pratiche ed esperienziali dove i ragazzi si “sporcano le mani” e imparano sul campo. Questo progetto permette loro di sperimentare il funzionamento di un’impresa a 360 gradi, partendo dall’idea fino ad arrivare alla commercializzazione del prodotto, e apprendere competenze che sono impossibili da assimilare solo con la teoria. È questo il vero plus!».

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