La chiusura delle scuole durante il lockdown di primavera ha messo le famiglie di fronte alla constatazione che la crescita dei figli e la loro istruzione sono un tutt’uno in mano non solo alla scuola e al nucleo familiare, ma a un concetto più ampio di genitorialità sociale, che quando si inceppa può mettere in discussione l’esito del processo educativo che è di per sè una sfida evolutiva continua.

I 15enni sono stati trattati dai DPCM di primavera allo stesso modo dei 3enni trovandosi a sperimentare una grande deprivazione delle relazioni tra pari e dei luoghi dove coltivarli, primo tra tutti la propria scuola. Un elemento che davano per scontato come l’esperienza quotidiana dell’andare a scuola è venuto meno, facendo comprendere a molti di loro che forse questo diritto andasse riacquisito.

In questa seconda ondata la didattica a distanza continua ad essere ancora l’unica soluzione – pur con tutte le limitazioni imposte da infrastrutture di rete e assenza di device – che garantisce la continuità della formazione degli studenti. Questa metodologia per funzionare in modo adeguato deve essere integrata però in un progetto più ampio di e-learning all’interno di ogni scuola.

L’eccessivo ricorso della tecnologia, che sta continuando a contraddistinguere le nostre vite, può diventare un freno al favorire i corretti investimenti per integrare sempre di più la didattica in presenza con strumenti digitali che consentano anche l’apprendimento asincrono oltre che a distanza.

È chiaro che questo approccio per essere attivato implica da parte degli insegnanti un profondo ridimensionamento della modalità con cui svolgono le lezioni oltre all’implementazione di comportamenti attivi e di curiosità continua verso l’utilizzo della tecnologia: come condividere la LIM da remoto con gli studenti? Mi aiuta avere un microfono personale durante il collegamento con gli studenti? Posso portare i miei studenti qui in classe con me trasferendoli sulla LIM così da vederli tutti insieme? Sono comportamenti che richiedono di essere esperiti e interiorizzati.

Diminuire la sollecitazione continua a preparare contenuti delle proprie materie in modo sempre diverso può avvenire promuovendo una maggiore integrazione con progetti speciali già collaudati, attivati da altri soggetti presenti nella comunità educante dove per esempio altri volontari, a fianco dell’insegnante, possono potenziare il ruolo della relazione con gli studenti nel processo di apprendimento.

I percorsi esperienziali, che includono importanti dosi di “compiti di realtà”, sembrano corrispondere meglio a un’applicazione di DAD dentro le scuole dove le relazioni che si innescano contribuiscono a creare relazioni collaborative tra gli studenti e la comunanza di obiettivi intorno a compiti precisi dati dagli insegnanti. Le fragilità finanziarie e digitali dei nostri 15enni potrebbero pertanto essere colmate ancora di più in questo frangente anche inserendo nei percorsi scolastici apprendimenti asincroni attraverso compiti a casa in gruppo svolti con un approccio concreto e ingaggiante.

Risulta sempre più evidente come lasciare aperta la scuola nella seconda ondata voglia dire prima ancora lasciare aperto un progetto educativo continuativo di comunità in cui solo se tutti vi concorrono si vince tutti.

 

Miriam Cresta, CEO JA Italia