«Quando ho dovuto spiegare a mio figlio di 9 anni quale fosse il mio ruolo professionale, per semplificarlo e far sì che potesse comprenderlo meglio, ho detto di essere quella che “dà i voti in azienda”» – si presenta così Francesca Magni, Specialista Controllo di Gestione in Credit Suisse e volontaria JA dal 2012.
Che sia una persona appassionata e generosa ce ne siamo accorti subito assistendo a una delle lezioni di “Our Community” da lei tenute presso l’Istituto Santa Dorotea di Arcore (MB), dove è riuscita a stimolare la partecipazione attiva, interessata e divertita di più di 40 bambini delle classi IV, rispondendo instancabilmente e in maniera puntigliosa a tutte le loro curiose domande. Tra di loro, anche il suo piccolo Leonardo.
Da dove viene tutta questa energia e passione di trasmettere ai bambini le tue conoscenze?
«Ho sempre desiderato insegnare. Un sogno che purtroppo non ho perseguito professionalmente ma che cerco di tenere vivo ogni volta che mi si pone l’occasione giusta. E JA è stata proprio una di queste! In più, condivido l’idea che le aziende debbano proporre ai propri dipendenti occasioni di volontariato, sono delle opportunità per noi e rappresentano uno degli aspetti più arricchenti del nostro lavoro. Per me è una gioia partecipare a queste iniziative, mi consente di recuperare entusiasmo, donando qualcosa anche agli altri! Sono ormai 4 anni che partecipo ai programmi di JA, seguendo alcune scuole primarie e secondarie di primo grado di Milano. Nell’ultimo anno ho proposto questa esperienza alla scuola di mio figlio che ha accolto con piacere e mi sono impegnata personalmente per sviluppare le lezioni in tutte le classi aderenti».
Insegnare l’economia nelle scuole primarie: secondo te, quali sono gli aspetti più apprezzati?
«L’economia è già parte integrante della vita dei più piccoli. Usano il denaro, vivono i servizi della collettività, sentono parlare delle banche dai loro genitori. Spesso non ne comprendono fino in fondo il significato; ed è proprio quando, con estrema semplicità, glielo spieghi e loro lo capiscono, ecco che si sentono protagonisti della loro quotidianità. E ciò li rende felici e valorizzati.
La loro curiosità viene stimolata e anche a distanza di tempo capisci che hai raggiunto i tuoi obiettivi quando ti arrivano domande del tipo “Come faccio a capire se spendo troppi soldi? O se ne spendo troppi pochi? Quanti ne dovrei risparmiare?”, oppure, di fronte a una buca sulla strada, ti chiedono “Ma perché non si spendono i soldi della collettività per aggiustare le strade? Vuol dire che in questo posto non si pagano le tasse?”.
Quest’anno è stato molto apprezzato dai ragazzi affrontare il tema del flusso del denaro tramite l’introduzione di Scratch un programma studiato dal MIT per l’apprendimento del coding da parte dei più giovani. Avere dimestichezza con una materia ancora poco sviluppata nella scuola come le scienze dell’informazione è rilevante per tanti aspetti: la tecnologia sempre più presente nella nostra vita quotidiana, i maggior sbocchi professionali del futuro, lo sviluppo di un pensiero computazionale in forma di gioco».
Fare volontariato a scuola consente di acquisire alcune soft skill utili anche in ambito professionale. Tu cosa ritieni di aver appreso?
«Ogni esperienza porta con sé degli insegnamenti che andrebbero sfruttati anche nella vita professionale. Inserire una nuova risorsa in ufficio, ad esempio, formarla, valutarla e valorizzarla è una delle attività che viene svolta meglio se arricchita da esperienze extra-professionali.
Approcciare i bambini in classe non è solo questione di trasferire loro la conoscenza, seguendo le linee guida proposte da JA, devi imparare ad appassionarli e gratificarli anche di fronte alle loro scoperte che, per noi banali, sono sempre dei grandi traguardi per loro.
È un’esperienza che ti aiuta a essere più sensibile verso gli altri, i loro punti di vista, la loro consapevolezza verso un argomento che a te pare chiaro e scontato, verificare che tutti lo abbiano compreso senza escludere nessuno. È un po’ la stessa situazione che si vive in ufficio, nel corso di una riunione o, in generale, quando devi passare un messaggio ed è importante che tutti lo introiettino».
Com’è la scuola che sogni per tuo figlio?
«Ai nostri figli, ormai, vengono offerte tante opportunità, intese come nozioni e stimoli. L’età della crescita è però anche quella in cui vengono messe a nudo tutte le loro fragilità. Una scuola capace di sostenerli efficacemente, instillando fiducia e coraggio è quella che può fare ancora di più la differenza.
Non per tutti lo studio è una corsa alla performance. Personalmente non tollero vedere un bambino che va a scuola senza entusiasmo, stressato e preoccupato per un feedback negativo dell’insegnante. Io, ad esempio, non sgrido mio figlio di fronte a un brutto voto. Essere stata brava a scuola a me non è bastato, è stata l’intelligenza emotiva, più che quella nozionistica, la capacità di entrare in empatia con gli altri che mi ha aiutata nella professione.
Mi piacerebbe, dunque, una scuola che ancora di più faccia crescere mio figlio emotivamente, come persona. Un ulteriore sostegno che viene chiesto, ma il nostro corpo insegnante ha tutte le capacità per supportare i genitori anche in questo».